Chiude il Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale

Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) riserva il 27% delle risorse alla transizione digitale, oltre 50 miliardi di euro. Nel nuovo governo il MITD però non è più previsto e ora c’è chi si chiede: chi porterà a termine i progetti  rispettando la scadenza del 30 giugno 2026? Chi sarà il responsabile dell’Innovazione? Ma serve ancora un responsabile dell’Innovazione? e cos’è oggi l’innovazione?

Troppo spesso, affermare che le tecnologie sono sempre nuove è risultato un alibi per non uscire dalla fase di sperimentazione. Avverrà invece – prima o poi – che i dispositivi digitali entrino nell’uso comune e siano perfino considerati “vecchi”, perché usati da tutti e trasversali.

Per capire meglio di che si tratta bisognerebbe anche chiedersi quali erano gli obiettivi dell’ex Ministero; vediamoli dal sito ufficiale:

  1. Diffondere l’identità digitale, assicurando che venga utilizzata dal 70% della popolazione;
    Bene! per farci cosa? i servizi online sono davvero ancora troppo pochi, con accesso complicato e procedure spesso confuse. Poiché l’identità digitale è un mezzo non un fine, il punto 1 dovrebbe invece garantire almeno il 70% delle procedure online e senza più code agli sportelli. Ma questo vorrebbe dire sviluppare applicazioni WEB accessibili e usabili e riformare le procedure interne degli uffici pubblici, ridurre la burocrazia, semplificare le leggi. Un lavoro che deve partire dal legislatore e dall’interno della pubblica amministrazione. Davvero: è inutile avere linee guida e nuove leggi, quando servono nuove procedure uniformi e invece ogni branca della Pubblica Amministrazione ha le proprie. Le code agli sportelli degli uffici pubblici sono ancora folte: peggio di prima, indipendentemente dallo SPID.
  2. Colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazione che sia digitalmente abile;
    Ancora? Usiamo tutti uno smartphone, anche gli anziani e i bambini, solo che – mannaggia a noi! – usiamo molto (troppo!) le app  divertenti e usabili e poco e male le app rognose, fatte male e che erogano servizi inutili o ci fanno perdere tempo con i clic-day peggio che in una sala slot… O forse non riesce a diffondersi una nuova versione del senso civico, che faccia capire ai renitenti che le app fatte male ma istituzionali hanno una propria piena dignità? Alla fine è meglio educare all’obbedienza digitale o  sviluppare app e servizi semplici, efficaci e immediati? Amazon e Google ci riescono, senza formare nessuno, e ci guadagnano pure…
  3. Portare circa il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi in cloud;
    Perché? quale sarebbe il vantaggio? Da un lato il GDPR ci chiede di proteggere i dati della nostra vita e poi ci viene detto invece di collocarli sul cloud in datacenter improbabili e insicuri, appaltati a terzi. I nostri datacenter nazionali, infatti, non sono all’altezza di quelli di Microsoft, Amazon o Google: alcuni sono buoni, ma molti non sono altrettanto robusti, ridondanti e sicuri. Se poi scegliamo il datacenter realizzato con la regola dell’appalto “de noantri”, ovvero al costo più basso con compromissione di efficienza e sicurezza, rischiamo seriamente di perdere tutto al primo incidente o al primo fallimento dell’azienda che ci ospita. Ricordiamoci cosa è successo nel 2001 al provider Galactica (il più innovativo del suo tempo), fallito da un giorno all’altro: migliaia di aziende si sono trovate improvvisamente senza connessione, senza sito web e posta elettronica. Anche il cloud non è un fine, ma un mezzo alternativo ai datacenter locali, che tutti i ministeri hanno e che una volta  gestivano in proprio come un gioiello di famiglia: nel mio settore è mitico il datacenter del MIUR, collocato in un bunker a Monteporzio Catone. Avere i dati spalmati in più punti aumenta la resilienza, certo, ma i datacenter posti in normali capannoni in zone industriali sono perfino più vulnerabili da qualsiasi evento, calamità, attacco e anche furto. In qualsiasi caso, senza vere applicazioni e servizi online, cambiare datacenter non aggiunge nulla; magari fa risparmiare a breve termine, ma sul lungo periodo mette in pericolo i dati e produce un overhead legalistico non indifferente, per il rispetto del GDPR.
  4. Raggiungere almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online;
    La lezione del covid non è servita e neanche il MITD ha svoltato: sono riprese le code infinite agli uffici pubblici, che certo non sono gestiti dal MITD medesimo, ma dagli enti locali e da altri ministeri; i servizi online spesso sono solo dei sistemi di pagamento o  prenotazione, dove è già tutto occupato per mesi. Per avere una carta di Identità o un passaporto un cittadino onesto deve aspettare anni, come nelle peggiori dittature. Il problema non è l’innovazione e non si risolve stampando smart card o erogando SPID; bisogna piuttosto sviluppare software, app fatte bene, sicure, e dare al software lo status giuridico per gestire in autonomia  le procedure legali e non soltanto le transazioni economiche. Oggi possiamo abilitare un software a prendere decisioni e firmare atti? Se il software è scritto male, di fretta e realizzato in subappalto sfruttando giovanotti volenterosi ma senza esperienza… meglio di no, che ne dite?
  5. Raggiungere, in collaborazione con il Mise, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga. 
    Questo è invece un vero punto strategico: la fibra ottica non è soltanto un mezzo, uno strumento, ma un’infrastruttura condizionante e abilitante; purtroppo, però, non arriva dappertutto, va bene solo nelle città, e le linee business hanno costi scandalosi anche per le PA; mentre  le linee domestiche – che sono praticamente uguali – costano poche decine di euro al mese.

Forse, la fibra ottica era l’unico obiettivo concreto per un ministero specifico dell’Innovazione. Bisognava aprire cantieri ovunque e posare cavi, cosa in teoria neanche troppo difficile, con impatto ambientale quasi a zero; ma le energie invece si sono disperse quasi tutte nei progetti sulla rete unica che non era certo la priorità e neppure l’obiettivo da raggiungere.

Insomma, non dobbiamo rincorrere le innovazioni, dovremmo semplicemente farle funzionare. Con gli slogan innovativi – lo abbiamo visto – non si realizza poi molto. Ora il ministero specifico non c’è più e tocca a tutti gli altri farsi carico di far funzionare le cose… ma, senza software e APP sviluppati bene, i server non “servono” a nulla, ed è  inutile anche spostarli sul cloud.

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