Il digitale sta uccidendo le radio “libere”?

Di solito digitale è sinonimo di innovazione, di successo, di miglioramento della qualità e del servizio; ma in questo caso emblematico il digitale “calato dall’alto” forse ha proprio fatto un passo falso, vediamo come.

Il commissario dell’AGCOM, Massimiliano Capitanio, intervenuto ai microfoni di RTL 102.5 nel corso del programma Non Stop News, ha lanciato l’allarme sul progressivo abbandono dei ricevitori radiofonici all’interno delle automobili, in particolare nei nuovi modelli elettrici. Al posto della radio tradizionale, si trovano sempre più spesso solo porte USB e connessioni Bluetooth, dispositivi connessi ma privi di sintonizzatori FM o DAB.

“Al posto di sintonizzatori troviamo solo display e interfacce USB. La radio, così, scompare. È un segnale allarmante. Come Autorità abbiamo segnalato la questione anche al Governo con una nota ufficiale. Il rischio è che, nel passaggio forzato verso il digitale, si perda un’infrastruttura essenziale per la sicurezza e la democrazia. Le reti FM, ad esempio, potrebbero garantire comunicazioni di emergenza anche in caso di blackout o interruzioni delle connessioni Internet.

Un cambiamento sottotraccia che rischia non solo di compromettere l’intrattenimento radiofonico, ma anche di indebolire il ruolo fondamentale della radio come strumento di informazione “free to air”, ovvero accessibile a tutti e senza barriere tecnologiche o economiche.

“La nostra Autorità ha come missione anche la tutela dei mezzi di informazione tradizionali, che riteniamo non solo strumenti di intrattenimento ma veri e propri presidi democratici. Il pluralismo dell’informazione passa anche da qui. Abbiamo sostenuto il piano DAB, non senza difficoltà, ma ora riscontriamo un problema: molte auto non escono più con sistemi di ricezione radio, nemmeno in FM.”

Questa innovazione effettivamente non è priva di rischi: se la radio abbandona l’etere per esistere solo in forma digitale, diventa vulnerabile. Il passaggio da un sistema libero e universalmente accessibile a uno che dipende da reti, server e piattaforme centralizzate compromette la natura stessa della radio come bene comune e libero.

Il problema, in realtà, è ancora più ampio e riguarda anche gli impianti domestici: il tentativo di digitalizzare la storica banda FM – solida, efficiente e universalmente compatibile – attraverso lo standard DAB (Digital Audio Broadcasting), non ha prodotto i risultati sperati. La necessità di acquistare nuovi ricevitori, le specifiche tecniche valide principalmente in Europa e soggette ad aggiornamenti (prima DAB, poi DAB+), hanno spinto molti utenti a saltare direttamente al digitale connesso: web radio, piattaforme di streaming e app musicali, con lo smartphone trasformato nella nuova “radio del terzo millennio”.

Il progetto DAB, infatti, nasce come iniziativa sovranazionale europea, promosso da enti pubblici, istituti di ricerca e organismi di standardizzazione. Non si tratta di uno standard globale come la radio FM, in Nord America, ad esempio, sono presenti sistemi completamente diversi come Sirius XM e HD-Radio. In Europa il DAB è stato introdotto in modo top-down, imposto di fatto a produttori e consumatori con l’obiettivo di sostituire la banda FM. Sebbene il DAB+ offra una qualità di ascolto discreta, il bitrate limitato (96kbps) lo rende inferiore alle potenzialità delle web radio e piattaforme di streaming e, soprattutto, non riesce a surclassare la resa sonora dell’FM analogica.

I dati che mostrano nonostante tutto una buona diffusione del DAB, citati dal commissario, sono probabilmente influenzati dalla prima ondata di dispositivi forzatamente immessi sul mercato, soprattutto nelle automobili. Ma oggi gli utenti ascoltano sempre più musica in streaming, tramite il telefono. Il mercato se n’è accorto: automobili, amplificatori, casse Bluetooth e impianti Hi-Fi stanno progressivamente perdendo ogni tipo di ricevitore radio, a favore della semplice connettività wireless.

Le statistiche d’ascolto che indicano l’auto come ultimo presidio della radio riflettono un fatto tecnico: solo le vetture più recenti sono dotate di ricevitori DAB, mentre in casa la radio si è già spostata su internet. Di conseguenza, gli ascolti diventano non più rilevabili come un tempo: se la radio passa attraverso app o piattaforme, si apre al mondo e sfugge ai sistemi tradizionali di rilevazione.

Chi ascolta la buona vecchia radio FM in casa lo fa con un apparato storico dal funzionamento estremamente affidabile e per nulla digitale: le radio e gli impianti Hi-Fi che abbiamo in casa sono perfettamente funzionanti anche se vecchi di 60 anni, non richiedono aggiornamenti e neppure manutenzione, non sembrano neppure obsoleti. Nessun altro elettrodomestico è invecchiato meglio.

A differenza del passaggio al DVB il digitale terrestre per la televisione – che ha effettivamente migliorato la qualità dell’immagine e ampliato l’offerta dei canali – il DAB nella radiofonia non sembra avere avuto lo stesso successo, pur promettendo qualità audio digitale, il DAB+ utilizza spesso compressioni audio molto elevate (64-96 kbps in HE-AAC) che non superano la resa naturale della FM analogica apprezzata per il suo suono caldo e dinamico. Digitale o analogico può essere anche una questione di gusti, come accade per i dischi in vinile, oggi di nuovo di moda, e che si sentono particolarmente bene anche grazie a master digitali. Ma la ricezione DAB è anche molto sensibile alla copertura: se il segnale è debole, la trasmissione si interrompe bruscamente. Al contrario, la FM è un sistema più resiliente: anche in presenza di forti disturbi si riesce comunque ad ascoltare, infatti molte autoradio DAB passano continuamente in FM per non interrompere la ricezione.

A complicare ulteriormente il quadro, c’è l’avanzata delle web radio. L’ascolto via Internet è ormai dominante: attraverso smartphone, app, smart speaker e computer, è possibile sintonizzarsi su qualsiasi stazione del mondo. Le web radio utilizzano codec efficienti come MP3, AAC o Opus, che offrono una buona qualità grazie a bitrate solitamente elevati (da 128kbs in su) e funzionano ovunque sia disponibile una connessione dati garantita dai giga illimitati del nostro smartphone. Rispetto a queste soluzioni moderne, il DAB appare come una via di mezzo costosa e poco flessibile, priva della robustezza dell’FM e della libertà dello streaming, ha preso il peggio dei due mondi. Non sorprende che molti utenti abbiano semplicemente saltato il passaggio intermedio, abbandonando la radio analogica per passare direttamente a quella via Internet, ignorando il DAB. Il mercato si è adeguato e ora anche le auto sono a misura di telefono e web radio.

In questo dibattito non si parla, però, solo di intrattenimento: il commissario AGCOM ha richiamato l’attenzione su temi ben più profondi, come la libertà, la democrazia, le emergenze e i blackout. La buona, vecchia radio ha infatti un vantaggio ancora insuperato su tutte le altre forme di comunicazione. È uno standard aperto, basato su componenti elettronici estremamente semplici sia per la trasmissione che per la ricezione, schemi e funzionamento elettronico sono di pubblico dominio. Questa semplicità tecnica rende la radio analogica, a differenza di qualsiasi sistema digitale, difficilmente oscurabile. Il segnale viaggia in chiaro, non richiede protocolli complessi, è facilmente decodificabile e anonimo all’ascolto.

La radio AM, ancora più antica della FM e con una qualità audio inferiore, ha perfino una portata eccezionale: può essere ricevuta a migliaia di chilometri di distanza, da un continente all’altro, come fanno oggi le più sofisticate web radio, ma senza bisogno di server, rete o infrastrutture centralizzate.

La storia ci offre numerosi esempi di radio “pirata” e “libere” che riuscivano a trasmettere e a essere ricevute senza alcun controllo da parte degli stati, eludendo censure e regolamenti. Bastava una barca in acque internazionali, o un ponte radio nascosto in un luogo remoto, per diffondere una voce libera.

Un esempio celebre è Radio Caroline, fondata nel 1964 da Ronan O’Rahilly. Trasmetteva musica rock da una nave ancorata in acque internazionali al largo del Regno Unito, sfidando il monopolio della BBC e anticipando l’arrivo delle radio private legali. Ascoltata da milioni di giovani, divenne un simbolo di libertà musicale.

Simili furono le esperienze di Radio Nord e Radio Syd tra Svezia e Danimarca, attive negli anni ’60 e ’70, che trasmettevano anch’esse da navi per aggirare i monopoli statali, offrendo programmi alternativi e popolarissimi.

Nel contesto della Guerra Fredda, Radio Free Europe, finanziata dagli Stati Uniti, trasmetteva dall’Europa occidentale verso l’URSS e i paesi dell’Est. Nonostante i tentativi dei regimi comunisti di bloccarne il segnale, milioni di persone riuscivano ad ascoltarla di nascosto, accedendo a notizie e informazioni censurate nei loro paesi.

Durante la guerra civile salvadoregna degli anni ’80, Radio Venceremos rappresentò la voce dell’opposizione armata, trasmettendo con attrezzature mobili dalla giungla. Era un esempio di radio clandestina, resistente e fondamentale per la comunicazione tra i membri del movimento e la popolazione.

Anche l’Italia ha avuto la sua “radio libera” più celebre: Radio Londra, la voce della resistenza italiana tra il 1940 e il 1945. Trasmetteva in lingua italiana dalla sede della BBC durante la Seconda Guerra Mondiale, utilizzando onde corte e medie ricevibili in tutta Italia. Nonostante i tentativi del regime fascista di disturbare le trasmissioni, milioni di italiani ascoltavano Radio Londra in segreto. La emittente diffondeva notizie vere sull’andamento della guerra, messaggi cifrati per i partigiani, appelli alla popolazione e programmi satirici. Tra i suoi collaboratori figuravano grandi nomi come Indro Montanelli, Arrigo Levi e Ugo Stille.

Oggi anche Internet offre un’ampia libertà informativa, ma non può garantire lo stesso livello di anonimato e resilienza: ogni accesso lascia tracce, log di server, metadati. Anche l’uso di VPN o strumenti per la navigazione nel dark web non garantisce l’anonimato assoluto di fronte a indagini mirate. Al contrario, è praticamente impossibile sapere chi sta ricevendo un segnale radio analogico; al massimo si può tentare di localizzare chi trasmette.

Forse, nel voler digitalizzare tutto – inclusa la radio così come inventata da Guglielmo Marconi e perfezionata da Reginald Fessenden ed Edwin Howard Armstrong – abbiamo commesso un passo falso, favorendo una maggiore dipendenza dal web e dalle piattaforme chiuse. Un passo avanti per l’intrattenimento e per la possibilità di ascoltare web radio da tutto il mondo. Ma per la libertà tecnologica e informativa, potrebbe essere stato un passo indietro.

La vera radio da salvare non è quella digitale peggio ancora se imposta dall’alto, ma quella analogica, libera, accessibile. Sistemi universali, democratici, senza bisogno di abbonamenti, app, né connessioni. Ricevitori che abbiamo tutti noi già in casa e nelle vecchie automobili, presenti e funzionanti in tutto il mondo.

In un’epoca in cui il vintage è tornato di moda, dai vinili al retrogaming, forse è il momento di riscoprire anche la radio FM come simbolo di libertà tecnologica e culturale.

Perché la vera radio “libera” è e sarà sempre la radio in Modulazione di Frequenza.

SistemaProContro
FM (analogico)– Audio naturale e immediato- Apparecchi economici e diffusi- Anonimato totale all’ascolto- Resistente ai blackout e alle emergenze– Banda limitata- Interferenze locali- Saturazione frequenze urbane
AM (analogico)– Copertura vastissima, anche intercontinentale- Apparecchi rudimentali- Resiliente e anonimo– Qualità audio bassa- Sensibile a disturbi elettrici- Sempre meno usato
DAB+ (digitale terrestre)– Più canali su una sola frequenza- Codec moderni (HE-AAC)- Standard europeo collaborativo– Ricezione fragile- Necessita nuovi ricevitori- Non compatibile a livello globale- Bitrate spesso basso
HD Radio (IBOC)– Compatibile con banda FM- Qualità quasi CD- Multicanale locale– Solo in Nord America- Ricevitori costosi- Diffusione limitata- Incompatibile con DAB
SiriusXM (satellitare)– Copertura nazionale via satellite (USA, Canada)- Centinaia di canali (musica, news, sport)- Ricezione continua anche in aree remote– Richiede abbonamento mensile- Ricevitori specifici- Non usabile fuori dal continente- Non open-source né universale
Web Radio (streaming)– Qualità elevata con codec efficienti (MP3, AAC, Opus)- Ascoltabile ovunque con internet- Offerta sconfinata, anche internazionale– Tracciabilità e profilazione- Dipendenza da rete e server- Rischio censura o blackout- Nessun anonimato

AGI: Il monito dell’Agcom: La radio sta sparendo dalle automobili

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