Pubblicato su “la Repubblica” del 3 marzo 2002
La riforma mette a rischio una tradizione torinese
L’appello lanciato all’incontro organizzato dalla direzione regionale dell’Istruzione per fare il punto sul piano della Moratti
“Salvate gli istituti tecnici”
Ci sono scuole da salvare dal rischio di estinzione, come gli istituti tecnici, gloriosa tradizione torinese. Ci sono esperienze come quelle della scuola dell’infanzia, o del tempo pieno nelle elementari che proprio a Torino si sono sviluppate e hanno acquistato un peso particolare e che oggi vengono rivoluzionate.
E ci sono poi i mille problemi, quelli dei fondi per l’edilizia scolastica, della carenza di docenti in alcune discipline (matematica ad esempio), quello ancora della formazione degli insegnanti, che riguardano certo tutta Italia, ma che qui in Piemonte hanno rilevanza particolare. Insomma la scuola torinese aveva mille domande da rivolgere a Roma, al ministero, su questa riforma Moratti non ancora nata e già molto contestata. L’occasione per farle, queste domande è arrivata ieri, nell’aula magna dell’istituto tecnico Pininfarina di Moncalieri. Un grande incontro organizzato dalla direzione regionale dell’Istruzione con sul palco il sottosegretario Maria Grazia Siliquini, la responsabile piemontese Marina Bertiglia, e tutti o quasi i componenti della commissione che ha elaborato la riforma (compreso il suo coordinatore Giuseppe Bertagna). Poi gli assessori Leo, Oliva e Pozzi, presidi di facoltà universitarie e docenti vari. E in platea, quasi tutti i dirigenti scolastici della provincia e poi sindacalisti, rappresentanti dei genitori. Assenti, del tutto, chissà come mai, solo gli studenti.
Un incontro contestato già prima di nascere (fuori dalla scuola una folta delegazione della Cgil Scuola e della Cub ha organizzato un volantinaggio durato l’intera mattinata). E che si temeva molto ufficiale, paludato. Lo è stato per fortuna solo in parte. La sala, non particolarmente ben disposta verso la riforma Moratti (i più applauditi sono stati gli interventi che la criticavano) ha comunque ascoltato con attenzione tutte le diverse voci. Due i temi su cui si è accentrato il dibattito: l’anticipazione di sei mesi (a due anni e mezzo) della possibilità di accedere alle scuole materne («una possibilità per le famiglie, non un obbligo e che risponde a una precisa necessità sociale» ha spiegato la Siliquini) che è stata contestata da molti. Non piace per ragioni pedagogiche: «Come far convivere bambini di due anni e mezzo con quelli di cinque. A quell’età – ha detto l’assessore comunale Paola Pozzi – sei mesi di differenza sono tantissimi. E poi creerebbe enormi problemi organizzativi e di risorse. Negli asili nido i bambini sono al massimo dieci per classe, nelle materne anche 25 o 30». «E i pannolini chi li cambierebbe?», chiedono invece i sindacati.
L’altro punto caldo è stato al forte differenziazione nelle superiori tra il canale liceale, e quello dell’istruzione professionale. «Si vuole arre una scuola di serie A e un’altra di serie B? – si è chiesto l’assessore provinciale Gianni Oliva. Se anche così non fosse già quest’anno in provincia di Torino c’è stato un calo di iscrizioni sia negli istituti professionali che in quelli tecnici di oltre il 10 per cento. Proprio nel timore che queste scuole vengano dequalificate. E anche molti docenti hanno chiesto il trasferimento».
Anche Rosi, rappresentante dell’Unione Industriale, pur apprezzando le linee generali della riforma, ha espresso preoccupazione per una possibile dequalificazione degli istituti tecnici «che hanno una gloriosa tradizione – ha spiegato – soprattutto a Torino. Ma anche un grande presente e che costituiscono l’80 per cento delle richieste di assunzione al sistema delle imprese. Bisogna dare all’istruzione professionale e tecnica dignità almeno pari a quella liceale perché diventi come accade in altri paesi europei, formatrice di classe dirigente». Ha replicato la Siliquini ricordando come «oggi l’istruzione professionale, sia in realtà una scuola di serie C. E che l’intenzione della riforma è quella di creare due percorsi formativi davvero equivalenti e interscambiabili tra di loro, grazie ad apposite passerelle».
Marco TrabuccoPubblicato su: