Ci accingiamo a dare conto di una vicenda tipicamente tecno-serendipica: cercando di ottenere un certo risultato, abbiamo scoperto un sacco di altre possibilità, che pensiamo sia utile condividere.

Cominciamo con l’obiettivo iniziale. una specie di sfida all’obsolescenza tecnologica programmata: rimettere in gioco su macchine “attuali” programmi per Windows che hanno più di vent’anni, età del tutto evidente per quanto riguarda l’interfaccia o l’uso degli schermi, ma la cui concezione testimoniava e tuttora testimonia l’impegno che in quell’epoca connotava la ricerca nel campo delle tecnologie applicate all’educazione linguistica.

Abbiamo subito pensato a Wine. Molto noto, è disponibile per Linux, per MacOSX e anche per Android. Non siamo ancora riusciti a fare funzionare quest’ultima applicazione, né con processore ARM né con architettura x86, ma le altre due invece hanno dato immediatamente ottima prova di sé. Installandole e avviando la prima volta gli eseguibili Windows con Wine, i programmi partono e funzionano; poi il sistema operativo in uso memorizza l’associazione e le successive aperture sono automatizzate.

Trafficando con Wine, abbiamo scoperto un suo derivato, WineBottler, purtroppo disponibile solo per MacOSX. Cosa fa? Con una procedura molto semplice, “trasforma” alcuni programmi per Windows in applicazioni per MacOSX, che diverrano avviabili in modo del tutto autonomo e – risolto il copyright – distribuibili come tali. Nessuna magia: WineBottler offre una funzionalità “Advanced” in cui si seleziona il software windowsiano che interessa – non necessariamente un residuato -, se necessario si procede alla sua installazione e in tutti i casi si indica l’eseguibile “nativo” da lanciare  come avvio dell’applicazione in MacOSX. Consigliamo di selezionare l’opzione che include Wine nella nostra pseudoApp, in modo da renderla del tutto autonoma.

Come fare però con l’attuale Windows a 64 bit, del tutto alieno a far funzionare i programmi a 16 bit come quelli da cui è partito il nostro percorso?  Ci siamo incaponiti e abbiamo scoperto DosBOX, un emulatore del DOS, funzionante non solo con Linux e MacOSX, ma pure con Windows 10 a 64 bit, appunto, e perfino con Android, anche se con questo sistema operativo non viene emulato il mouse e con gli smartphone è necessario connettere una tastiera fisica con un cavo USB OTG. Dopo essere stato installato e avviato, DosBOX apre una finestra di emulazione DOS, quella con le mitiche lettere dell’alfabeto. I vari sistemi operativi comportano una differenza; su Android, vedremo immediatamente resuscitare il prompt C:\>, mentre con gli altri sistemi operativi comparirà Z:\> e dovremo perciò imparare a usare il comando mount, nella seguente formaMOUNT [Drive-Letter] [Local-Directory]. Facciamo un  esempio: con il comando mount c d:\old, faremo della cartella d:\old il nostro disco rigido virtuale, che raggiungeremo con il comando C: e su cui potremo operare con le modalità e la sintassi del DOS. Preparando adeguatemente le cartelle d’appoggio abbiamo così installato su tutti i 4 sistemi operativi prima Windows 3,1 e poi, dal suo interno, i vecchi programmi di nostro interesse.

Di Windows 3.1, come di tutti quelli successivi, avevamo a suo tempo acquistato la licenza, ma perso i supporti. Allora siamo andati su Internet, dove abbiamo trovato veramente di tutto. Segnaliamo in particolare la sezione Software di Archive.org, che raccoglie una grande quantità di materiali di epoche diverse: alcuni potrebbero essere ancora interessanti (magari i giochi),  ma, per le ragioni più diverse non sono stati più realizzati  in versioni attualizzate. Wine, WineBottler, DosBOX e le semplici operazioni da essi richieste possono però  recuperarli  in modo del tutto efficiente e compatibile con le strumentazioni attuali, che possono diventare così ancor più ricche e flessibili.

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