Infattibilità digitale e fortuna geografica

infrastruttura rete

Si comincia a parlare finalmente di rientro a scuola a settembre: classi ridotte, didattica a distanza parziale, metà classe a scuola e metà classe a casa in streaming, ma è realmente fattibile? Le scuole sono attrezzate? Iniziamo da un calcolo semplice.

Consideriamo che, nella migliore delle ipotesi, una videoconferenza in streaming, con il programma più ottimizzato ed eccellente, utilizzi una banda di 2Mbps. Questo significa che una scuola che vuole attivare videoconferenze in streaming contemporanee con 10 classi ha bisogno di una banda di 20Mbps, normale ADSL subito viene da pensare, e qui la parolina magica da aggiungere a banda: upload. C’è una sostanziale differenza tra banda di download e banda di upload:

  • banda di download indica la velocità con la quale siamo in grado di ricevere dati dalla rete;
  • banda di upload è la banda con la quale siamo in grado di inviare dati sulla rete.

Uno streaming richiede, quindi, una banda di download adeguata per ricevere gli altri partecipanti e una banda di upload per inviare la nostra immagine, il nostro audio e il nostro desktop. Bene. Sapete una ADSL tradizionale quanti mbps ha mediamente in upload? Sedetevi: 1Mbps! Uno. Se il programma che utilizziamo per le videoconferenze è così intelligente da abbassare la qualità dello streaming (cosa per fortuna abbastanza diffusa), una scuola, con una ADSL e quindi upload di 1Mbps, non riesce ad avere più di una videoconferenza in streaming contemporanea, se non con pessimi risultati.

Ma tanto c’è la fibra ottica, o ancora meglio il 5G, che risolverà tutto, viene da pensare, e anche qui è opportuna una distinzione:

  • fibra ottica FTTC (Fiber To The Cabinet) con fibra ottica che arriva all’armadio della compagnia telefonica su strada più vicino e non direttamente a scuola/casa e che offre velocità medie effettive di 90mbps in download e 18mbps in upload, quindi al max circa 9-10 streaming contemporanei e cioè 10 classi;
  • fibra ottica FTTH (Fiber To The Home) con fibra ottica che arriva direttamente a scuola/casa e che offre velocità medie di 1000mbps in download e 300/350mpbs in upload (potrebbe arrivare anche fino a 1000mbps) quindi al max circa 500 streaming contemporanei.

Quindi una scuola che ha la fortuna geografica di avere l’edificio in un comune già cablato, e predisposto ad avere una fibra FTTH, potrebbe fare di tutto senza problemi mentre una scuola che ha la sfortuna geografica di essere in un comune non raggiunto da FFTH o FTTC e, a volte nemmeno da una ADSL adeguata, non ha chance in tal senso in attesa del 5G.

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Ma non è finita.

Ragionando sempre nella migliore delle ipotesi che il cablaggio di fibra ottica si diffonda sempre di più, che sempre più comuni (finalmente) siano raggiunti da una fibra ottica vera, la domanda da porsi è se la scuola avrebbe un’infrastruttura di rete adeguata per poter distribuire la banda migliore che riceve. Non basta più un router/modem casalingo che distribuisca il segnale (non bastava neanche prima), c’è bisogno di apparati di rete interni adeguati, infrastruttura interna che viaggi a 1000Mbps (gigabit) altrimenti possiamo avere la connessione internet più veloce del mondo senza ottenere risultati sperati e la velocità di internet si abbasserà alla velocità dell’apparato di rete più lento.

Facciamo di nuovo un calcolo semplice:

supponiamo di avere finalmente fibra ottica da 1000Mbps, se nella scuola sono presenti tutti apparati di rete (firewall, switch, PC) che funzionano ad una velocità massimo di 100Mbps, la velocità con la quale viaggeremo su internet non sarà superiore a 100Mbps, perché la connessione si adegua ai dispositivi più lenti.

E’ vero però che con 100Mbps effettivi di upload, riusciamo ad avere circa 50 classi con streaming contemporanei.

Una possibile soluzione?
L’emergenza sanitaria ci ha dimostrato come internet ci ha salvato, come i datacenter americani ci hanno salvato, quindi non c’è altra soluzione che investire concretamente e seriamente nella copertura di rete per abbattere completamente il digital divide e non scaricare completamente sulle scuole questo processo di cambiamento culturale/digitale che si è cercato di introdurre con azioni mirate, ma che ora deve necessariamente essere a più ampio raggio.

Le scuole vanno seguite anche dal punto di vista tecnico per evitare che i fondi messi a disposizione vengano vanificati da aziende e professionisti improvvisati che propongono soluzioni inefficienti, lasciando le scuole con problemi di rete mai risolti.

Spesso ho sentito dire che ormai la scuola è un’azienda, concetto sul quale non sono d’accordo. Ma prendiamo l’aspetto positivo di questa definizione: la scuola, e in generale tutta la pubblica amministrazione, deve avere un’infrastruttura da azienda e un personale adeguatamente formato. Non è pensabile, ora più che mai, che si continuino a mettere pezze che risolvono problemi momentanei senza andare oltre, senza guardare avanti pensando e predisponendo soluzioni scalabili. Rubo uno slogan usato in altri ambiti: “Se non ora quando?”.

Basta sprechi per le Pubblica Amministrazione, basta chiacchiere e basta al paradigma didattico tradizionale che si trascina da decenni, che è necessario per certi versi ma che va affiancato da innovazione e nuovi paradigmi didattici. E nel frattempo che tutto questo possa prendere forma, se per emergenza sanitaria non possiamo rientrare tutti in classe, gli studenti che rimarranno a casa non saranno necessariamente in videoconferenza diretta ma potranno lavorare in asincrono.

3 commenti a “Infattibilità digitale e fortuna geografica”
  1. Gentile
    DE MARTINO Prof. Dott. Marco,
    Sono assolutamente d’accordo con Lei, bisogna investire nelle infrastrutture, bisogna fare capire alla dirigenza (molto spesso incompetente, ahimè, in questo ambito) che bisogna spendere!
    Bisogna avere switch programmabili, firewall, server performanti, personale competente che ne segua la logica e la gestione! Risparmiare sull’infrastruttura significa andare a gravare sul lavoro di docenti ed assistenti tecnici, già martoriati abbastanza.Non possiamo permettercelo perché per quanto disponibile e capace possa essere un docente, potrà mettere solo delle pezze, e le pezze si sa durano da Natale a Santo Stefano.
    È necessario dunque far capire che la rete di una scuola è di PRIMARIA importanza e che non può più essere messa in secondo piano e bistrattata.

    Grazie per il Suo lavoro.

  2. La proposta di fare turnare gli studenti in aule che altrimenti sarebbero troppo affollate è, come sempre, a costo zero per le istituzioni e scarica tutti gli oneri agli utenti finali e ai lavoratori. Prima ancora dell’infrastruttura bisognerebbe raddoppiare le aule ed i docenti con un importante investimento dello stato. Ma allora cosa serve indebitare la nazione con la comunità europea e alzare il debito pubblico se poi non ci sono investimenti utili per la sanità, per la scuola e per le aziende in difficoltà?

    1. Gentile,
      ZUCCHINI Prof. Dario,
      Anche qui si potrebbe aprire un discorso ampio sulle classi pollaio e su tutte le difficoltà di un docente a gestire un’aula…ma non vorrei essere troppo dispersivo
      Ovviamente sì, la classi andrebbero dimezzate, ma vorrei insistere sul discorso rete e che non è più la scuola degli anni 90 dove si poteva trascurare la rete per la didattica(e nemmeno!), Ma in certe realtà come la mia (succursale di provincia) non è pensabile proporre la didattica a distanza se il miglior provider internet (Vodafone) ti propone al massimo 4MB/s in down per tutto l’edificio e scarsi 2MB/s in up.
      Non vorrei cadere inutilmente nella demagogia spicciola, ma se non nell’istruzione e nelle infrastrutture, in cosa dovremmo investire?

      Grazie per il Suo lavoro.

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