E-Learning: corsi e Università sulla rete ma anche lezioni per l’aggiornamento professionale

Pubblicato su La Stampa martedì 28 maggio 2002

A scuola, sui banchi del web – I sistemi di apprendimento stanno diventando accessibili in ogni momento e da ogni posto.
Il «mercato dell’educazione», che detto così suona male ma in realtà comprende tutto ciò che tratta di scuola, apprendimento, istruzione e aggiornamento professionale, al World Education Market che si è tenuto settimana scorsa a Lisbona ha dedicato molto spazio all’e-learning: cioè ai nuovi sistemi di apprendimento elettronico, una tecnologia attraente ma che stenta a decollare, mentre i bisogni ai quali dovrebbe rispondere sono sempre più sentiti.


John Chambers della Cisco ha scommesso che l’e-learning sarà la vera «killer application» di Internet, e che al suo confronto l’invenzione dell’email sembrerà una bazzeccola.

Gli esempi migliori vengono da paesi come Canada e Islanda, tra i più avanzati nell’e-learning perchè hanno dovuto attrezzarsi di fronte agli ostacoli fisici nelle loro comunicazioni (le grandi distanze, il clima impervio), fanno parte di UArctic, ovvero University of the Artic, un network di 31 università appartenenti ai Paesi delle parti più fredde del mondo attorno al Polo Nord che hanno dato vita a un progetto innovativo-modello per l’apprendimento a distanza. Ma anche in Italia ci sono i primi esempi: proprio questa settimana il Politecnico di Milano ed EdisonTel inaugurano un progetto ad hoc di formazione aziendale.

Con l’e-learning, i sistemi di apprendimento si trasformano in modo da essere accessibili in ogni momento e da ogni posto; i metodi educativi si innovano, grazie alle nuove tecnologie diffuse; l’interattività diventa un concetto basilare per l’ambiente di apprendimento; e l’approccio educativo non è più focalizzato sui docenti, ma sulle esigenze di chi deve imparare. «E-learning» significa in particolare apprendimento asincrono e personalizzato, cioè adattabile ai propri ritmi e tarato in base alle proprie esigenze.

E’ quindi ideale nell’età adulta. Ma c’è un dato allarmante, emerso da una ricerca della società Forrester Research: finora, il 70 per cento di chi incomincia un corso di e-learning non lo completa. Come mai? Forse chi ha abbandonato il corso lo ha fatto perchè ha imparato tutto quello che c’era da imparare da quel corso, «just in time», e ne fruisce già sul lavoro? Barry Howard, un esperto della Qed Consulting, sostiene che l’apprendimento online va male perchè chi disegna i corsi si limita a mettere online i libri di testo, e i programmi educativi sono datati. Secondo Howard, bisogna re-inventarsi un programma educativo basato sui bisogni del 21.mo secolo. E secondo Robert Zielinski di Arel, un provider di soluzioni per l’aggiornamento professionale nelle aziende, si impara sbagliando.

Per cui, se un corso online è disegnato in modo che gli studenti debbano affrontare un problema da risolvere, saranno motivati a completarlo. Il nocciolo del problema sta nel fatto che l’e-learning non cambia ancora il modo in cui gli esseri umani imparano, spiega un altro esperto, Bill Horton, autore del libro «Evaluating E-learning». Secondo Kaliym Islam, direttore di un centro americano dedicato alle tecnologie educative e autore di un saggio sulla rivista specializzata Elearning Magazine, bisogna cambiare completamente i metodi di insegnamento.

La pedagogia, incentrata sull’insegnante, focalizzata sulla comprensione del contenuto, orientata alla materia di studio, è il metodo utilizzato per insegnare ai bambini; ma non va bene per l’apprendimento della popolazione adulta. Per gli adulti, sostiene Islam, ci vuole l’«androgogia»: incentrata sull’allievo, focalizzata sull’acquisizione del contenuto e dei processi, e orientata a obiettivi specifici. L’androgogia permette agli studenti adulti di prendere il controllo delle loro esperienze di apprendimento. Così, non si spiega la materia all’allievo, ma gli si chiede cosa vuole sapere, come e quando vuole impararlo, e alla fine l’insegnante chiede se è stato abbastanza utile nell’aiutarlo a imparare.

di Anna Masera

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