Convegno ”Condividi la Conoscenza. Gli alfabeti come bene universale”

Milano – Teatro Franco Parenti
Via Pierlombardo
Sabato 10 Maggio 2003


Vittorio Agnoletto (LILA), Stefano Rodotà (Garante per la privacy),
Obadias Batista Garcia (rappresentate comunità indigene Brasile), Manuel
Castells (Stanford University), Carlo Formenti (Direttore QuintoStato),
Robin Gross (Executive Director IPJUSTICE), Roberto Spigarolo(ACU), Aldo
Bonomi (Presidente AAster), Galimberti (Amministratore INET), Arturo Di
Corinto, Alberto Cottica (Economista e Musicista). Queste persone, che
discuteranno con noi Sabato 10 Maggio, sono divise da lingue, storie e
culture diverse. Ma riconoscono che, sul fatto che i saperi e gli alfabeti
siano un bene universale e liberamente condivisibile o solo merce, si gioca
larga parte della nostra futura liberta’.

Ore 9.00 – ore 13.00
N. 3 Gruppi di lavoro

Sala Terra: coordina Roberto Spigarolo
Sala Rete: coordina Arturo Di Corinto
Sala Corpo: coordina Vittorio Agnoletto

Ore 13.00 – ore 14.30
Buffet Macrobiotico

Ore 14.30 – ore 18.30
Relazione: sen. Fiorello Cortiana
Relazioni dei coordinatori dei gruppi
Interventi:
Stefano Rodotà (Garante per la privacy)
Adriano Sofri in messaggio videoregistrato
Aldo Bonomi (Presidente AAster)
Galimberti (Amministratore INET)
Obadias Batista Garcia (rappresentate comunità indigene Brasile)
Manuel Castells (Stanford University)
Carlo Formenti (Direttore QuintoStato)
Robin Gross (Executive Director IPJUSTICE)
Alberto Cottica (Economista e Musicista)
Coordina Milly Moratti
Conclude:
On. Daniel Cohn Bendit

Nel corso della giornata nel foier del teatro saranno presenti banchetti di
associazioni, dimostrazioni di aziende dei propri prodotti di qualità,
luoghi di presentazione a disposizione di soggetti organizzati, install
fest di software libero.

Perché e con quali contenuti

Lo scorso 12 settembre la Commissione sui Diritti della Proprietà
Intellettuale del Dipartimento Britannico per lo Sviluppo Internazionale ha
risposto alla richiesta della Università di Stanford, relativa a come il
sistema dei brevetti poteva essere utile ai paesi poveri del mondo. Nel
rapporto finale la Commissione ha messo in guardia i paesi poveri
dall’impegnarsi nel sistema di brevettazione del mondo-ricco, che spesso
con logica di biopirateria, brevetta conoscenze tradizionali locali
secolari, legate a rimedi naturali e suggerisce ai paesi in via di sviluppo
di permettere agli utilizzatori di aggirare le barriere tecniche per
accedere alle potenzialità di internet. Il rapporto, infine, afferma che i
paesi ricchi, che a Johannesburg hanno recentemente riconfermato il loro
interesse per lo “sviluppo sostenibile”, non dovrebbero spingere per
ulteriori rafforzamenti dei brevetti. I problemi e le indicazioni sollevati
dal rapporto della Commissione non hanno suscitato l’entusiasmo delle
multinazionali della farmaceutica e del software e hanno messo in luce i
problemi derivanti ai paesi poveri dal conformarsi, entro il 2006,
all’accordo TRIPS (aspetti dei diritti di proprietà intellettuale relativi
al commercio) siglato nell’ambito del WTO. E’ curioso vedere come prendono
corpo, in questo contesto, nuove alleanze tra diversi settori come quello
informatico e quello biotecnologico “Così come l’invenzione della stampa
(1450) ha svolto un ruolo fondamentale nella riforma protestante e,
duecento anni dopo, nella rivoluzione industriale, così nel XX secolo il
computer diventa il nuovo strumento utilizzato per decifrare i geni,
memorizzarli, organizzarli, sfruttarli (lo dimostrano le alleanze
strategiche con le grandi società che operano nel campo delle biotecnologie
già messe in campo da Microsoft)” (Gianni Tamino, Fabrizia Pratesi “Ladri
di geni”). Lo specifico interesse industriale legato alla brevettabilità
ha causato l’abbandono di molte varietà tradizionali. Nel 1949 esistevano
10000 varietà di riso, nel 1970 1000, oggi circa 150 milioni di ettari sono
coltivati con sole due varietà, naturalmente brevettate. Come ha denunciato
Vandana Shiva secondo questa logica in India “le varietà indigene raccolte
direttamente sono sostituite da semi ibridi più vulnerabili, che per lo più
devono essere riacquistati ogni anno.” (V.Shiva su Carta n 2 dic.’99) Gli
eccessi del copyright non conoscono limiti espressivi, tant’è che i
familiari di John Cage, nel nome del diritto d’autore, hanno intentato
causa ad un musicista colpevole di aver inserito in un album 60 secondi di
silenzio totale: viene da chiedersi cosa sarebbe dell’arte senza le
citazioni, le contaminazioni e le combinazioni. Come abbiamo visto la terra
e la rete sono due ambiti dove agiscono le logiche di controllo esclusivo
della conoscenza, ma un terzo luogo è costituito dai nostri corpi, ancora
Rifkin”anche molte usanze secolari, riguardanti sessualità, riproduzione,
nascita, maternità e paternità, potrebbero essere accantonate.”, come nota
Alberto Melucci “Il corpo può essere “normalizzato” attraverso interventi
esterni, come i farmaci, la modificazione chimica del cervello, la
manipolazione dei ritmi biologici, o invece diventare il campo di una
esperienza autonoma e dotata di senso che permette di utilizzare i molti
potenziali della specie umana al di là del semplice potere delle facoltà
corticali” (A.Melucci” Culture in gioco”).
Qui non ci interessa solo mettere in luce il sistema internazionale della
brevettazione come elemento indispensabile per il marketing commerciale di
imprese multinazionali che, nel settore dell’agricoltura o in quello
informatico, tendono a definire condizioni monopolistiche. Né solo
denunciare come queste imprese “fidelizzano” il cliente attraverso
relazioni di tale dipendenza da risultare un vero e proprio asservimento.
Contro questa logica cresce una consapevolezza planetaria, ovunque nel
mondo si muovono dagli agricoltori agli utilizzatori di software e, oltre
ai conflitti sociali, si aprono anche contenziosi giuridici tra istituzioni
e questi monopoli. Tuttavia c’è qualcosa che va oltre la natura di un
modello commerciale e chiama in causa, in modo irripetibile, la politica e
la politica pubblica: queste realtà monopolistiche tentano di scambiare
come prodotti, da tutelare tramite brevetti, gli alfabeti utilizzati per
produrli. Siano alfabeti appartenenti alla sfera biologica, come i codici
genetici, o appartenenti alla sfera antropologica come gli algoritmi o le
sequenze di accordi musicali. Con la riduzione degli alfabeti ad una
disponibilità proprietaria è a rischio la libertà di narrazione, di
comunicazione, naturale o culturale, quindi di conoscenza: la libertà di
espressione e di creazione culturale e colturale avverrà entro i limiti
consentiti dagli standard proprietari pre-definiti.Un esponente di una
importante industria biotecnologia in una intervista a Liberation è stato
molto chiaro “La rivoluzione delle biotecnologie è paragonabile a quella di
Internet. In entrambi i casi si tratta di entrare per primi in possesso
dell’informazione. Occorre dunque diventare l’Intel dell’agricoltura,
essere in una posizione di dominio per costringere il mercato a usare una
sequenza codificante protetta da brevetto.” Replica Rifkin”se si permette
ad un certo numero di aziende impegnate nel settore delle scienze della
vita di controllare il patrimonio genetico della nostra evoluzione, dai
micorganismi fino ad arrivare agli esseri umani, ci risveglieremo, nel XXI
secolo, in un mondo in cui alcune aziende monopolizzeranno il mercato dei
processi biologici della vita stessa.” (J.Rifkin”Il secolo biotech. In
gioco è quindi lo statuto della proprietà della conoscenza: cioè se essa
costituisce un bene universale, cioè delle attuali e future generazioni, e
per questo inalienabile o se la sua condizione e la sua natura devono
essere definite da chi, con le buone e con le cattive, riesce a metterle
sotto chiave. Dice ancora Melucci”Evidentemente è un potere che si colloca
oltre il controllo sul contenuto dell’ informazione, ma anche oltre i
codici che organizzano le fonti e la costruzione dell’informazione. Il
potere non ha più a che fare con quello che viene detto, ma con la
possibilità di creare e percepire il senso di ciò che viene comunicato:
quando tutti diventano potenzialmente produttori e consumatori di
informazione si esercita potere solo se si controlla il modo in cui si
produce e si riceve il senso della comunicazione stessa”. Periodicamente
veniamo informati e stupiti dalle singolari proprietà sviluppate dall’up
grade del software della grande multinazionale informatica o dalla nuova
applicazione transgenica della multinazionale del biotech, questo approccio
semplificato e riduzionista ignora i contesti e le conseguenze
indesiderate, nello spazio e nel tempo “d’altra parte la vita è un costante
flusso di molecole e di energia, in cui risultano importanti, da un punto
di vista informativo, la struttura del contesto, la forma, le dimensioni,
la composizione qualitativa e quantitativa della rete, piuttosto che la
singola molecola.” (Pier Mario Biava”Complessità e biologia. Il cancro come
patologia della comunicazione”). Sulla questione della libertà e della
disponibilità degli alfabeti e sulla condivisione della conoscenza deve
prendere corpo l’alleanza politica tra sfera biologica e sfera
antropologica nelle loro articolazioni culturali, economiche e sociali.
Come rileva Carlo Formenti ci sono argomentazioni diverse ma convergenti
per nuove eresie economiche “Conoscenza e creatività, a differenza delle
materie prime, non possono essere consumate ma hanno la prerogativa di
aumentare quanto più circolano e quanto più vengono condivise e distribuite
fra un vasto numero di soggetti” e ancora “si sottolinea come la Rete
consenta di fare circolare una quantità illimitata di copie di qualsiasi
bene immateriale a eccezionale velocità, una possibilità che, oltre ad
abbassare il valore delle singole copie, fa sì che il valore complessivo
del bene immateriale in questione aumenti vertiginosamente in relazione
della quantità delle relazioni attivate dalla circolazione delle copie”
(C.Formenti “Mercanti di futuro” ) E’ in gioco la sovranità pubblica e con
essa la nostra libertà, per questo se, come notano Di Corinto e Tozzi”Uno
dei principali obbiettivi dei movimenti è stato quello di far condividere
le risorse disponibili nel mondo al maggior numero di persone
possibile.”(A.Di Corinto, T.Tozzi”Hacktivism”) occorre che questo diventi
un obbiettivo politico e programmatico della coalizione democratica. Per
questo vorremmo porre in modo aperto, per nulla precostituito,
all’attenzione dei membri della Convenzione Europea che deve avanzare una
proposta di Carta Costituzionale, la questione della proprietà della
conoscenza, della disponibilità degli alfabeti, del controllo dei processi
delle filiere produttive o della medicina rispetto ai nostri corpi. La
sensibilità e la disponibilità del Teatro Franco Parenti di Milano ci
consente di usare i suoi molteplici spazi affinché esperienze legate alla
terra, alle reti e ai corpi, si confrontino intorno a questa questione che
già oggi costituisce uno dei problemi della globalizzazzione in atto, sono
attese, gradite, le proposte più svariate attraverso i diversi linguaggi
espressivi.