Arriva l’e-learning: la scuola dentro un video

Già stanziati dal ministero 110 milioni di euro

Quest’anno, per le scuole italiane di «ogni ordine e grado», sembra arrivato il momento giusto per introdurre le nuove tecnologie didattiche. Quelle che faranno capo all’eLearning. Il ministero dell’Istruzione, che per volontà di Letizia Moratti si è ampliato con le parole Università e Ricerca, ha finalmente aperto il borsellino. Il percorso per portare in tutte le aule un computer è iniziato con lo stanziamento di 220 miliardi di lire (113,62 milioni di euro) per cablare i locali scolastici. Così ogni scuola, dalle materne alle superiori disporrà di una cifra attorno ai 15 milioni di lire (7 mila e 747 euro) per portare i byte di Internet nelle segreterie, in biblioteca e in alcune aule. E questo non è che il primo passo della formazione via computer. Il secondo, strettamente legato al precedente, riguarda invece il problema della formazione insegnanti.


Uno scoglio che ha visto impegnati con scarsi successi, prima Giancarlo Lombardi, ministro al tempo del governo Dini e di recente Giovanni Berlinguer. Da sempre infatti lo zoccolo duro dei maestri e professori italiani si è dimostrato refrattario all’uso del pc. Ma in questo caso a venire loro in aiuto saranno le tecnologie legate alla rete. Lo hanno comunicato i rappresentati del ministero alla recente conferenza Aica sull’introduzione di nuovi strumenti digitali in ambito didattico, tenuta a Cernobbio. A breve, infatti, arriveranno altri 150 miliardi di lire (74 milioni e 747 mila euro), ricavati dagli introiti sulle gare d’appalto Umts dello scorso anno. Ad «insegnare agli insegnanti» saranno programmi e servizi messi a disposizione su Internet, con il sistema dell’apprendimento a distanza. Ogni docente potrà così formarsi da casa o a scuola. Ecco perché dalle stanze del Palazzo di viale Trastevere viene lanciato l’invito affinché i professori ancora a digiuno di informatica facciano il primo passo, certificandosi con l’Ecdl (European computer driving licence), la patente europea del computer, che attraverso sette esami certifica l’abilità degli utenti nell’uso del computer, nelle conoscenze della rete e dei principali pacchetti software.
Capofila nella sperimentazione è stato il Canada, che già a inizio anni ’90, per ovvie ragioni di distanza e gestione delle risorse, ha installato «SchoolNet». Una rete telematica che collega tutte le scuole pubbliche, le biblioteche e le istituzioni governative. Così oltre 6 milioni tra studenti, insegnanti e genitori, fruiscono in modo interattivo dei servizi online. In Italia i primi esempi di insegnamento a distanza sono arrivati nel 1996 con esperimenti di teledidattica per gli studenti ammalati. Come nel caso dell’Itis Feltrinelli di Milano, con l’iniziativa «Feltry online», o l’ospedale Gaslini di Genova, che portò in corsia alcuni notebook collegati in rete, per consentire ad alcuni ragazzi lungodegenti di scaricare via Internet compiti e lezioni. Questi i primi segnali che hanno messo in luce le potenzialità dell’insegnamento telematico.
Da un paio d’anni si sono mosse le università. A fare da apripista ancora una volta le facoltà scientifiche come il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, che ormai da un triennio mette buona parte dei corsi e delle lezioni in «aule virtuali». Anche le facoltà umanistiche si sono mosse, capendo per tempo le opportunità offerte dall’online. E’ il caso dell’Università Cattolica, che quest’anno partirà con un corso di laurea di primo livello in Economia e gestione dei servizi, interamente erogato con strumenti di eLearning. Il progetto si chiama «Decus». Un sistema telematico che integra le tecnologie del satellite, con le potenzialità di Internet. In tempo reale vengono teletrasmesse tra più sedi le lezioni tenute in un’aula multimediale. In rete, invece, sono raccolte in un’immensa banca dati tutte le lezioni in formato digitale. A disposizione di studenti e docenti, per approfondimenti e programmi di tutoring .
Ci muoviamo dunque verso un sistema scolastico orientato alla «formazione permanente». Un modello che affiancherà quanto imparato in aula, con le richieste delle aziende una volta entrati nel mondo del lavoro. Non per nulla colossi come Cisco e Ibm usano programmi di «insegnamento elettronico» per qualificare decine di migliaia di dipendenti. Il vantaggio di questa globalizzazione del sapere? Quello di spendere i crediti formativi nel corso degli anni di lavoro. Un processo di «esami che non finiscono mai» che da oggi accompagnerà studenti e lavoratori fino alla pensione.

utorelli@hotmail.com
Umberto Torelli


da Il Corriere della Sera
Giovedì, 18 Ottobre 2001

(estratto dalla rassegna stampa pubblicata da Educazione e scuola – http://www.edscuola.com)

Pubblicato su Pubblicato su: